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Flask è un framework web leggero (microframework) per Python, apprezzato per la sua semplicità e flessibilità. In questo tutorial forniremo una panoramica di Flask (caratteristiche, sintassi di base e filosofia di design), vedremo in quali scenari utilizzarlo, lo confronteremo con altri framework sia Python che di altri linguaggi, ne analizzeremo i punti di forza e debolezza, e discuteremo infine come strutturare al meglio un progetto Flask (pattern architetturali, estensioni utili, conoscenze preliminari e organizzazione del codice).
Panoramica del framework Flask
Flask è nato nel 2010 come progetto open source per semplificare lo sviluppo di applicazioni web in Python. Si definisce un micro-framework perché fornisce solo gli strumenti essenziali e lascia allo sviluppatore la scelta di librerie o componenti aggiuntivi in base alle necessità. In Flask sono inclusi nativamente un server web di sviluppo, il routing delle URL, il supporto WSGI (basato su Werkzeug) e un motore di template (Jinja2) (The PyCharm Blog), ma non sono inclusi componenti come un ORM per il database o un sistema di autenticazione – questi possono essere aggiunti tramite estensioni esterne secondo preferenza. La filosofia alla base di Flask è di mantenere il core del framework semplice e minimale, privilegiando la flessibilità: “micro” in questo contesto significa che Flask non impone strutture o tool specifici, permettendo di plasmare l’applicazione a proprio piacimento. Questo approccio offre molta libertà e controllo allo sviluppatore, in contrasto con framework più “pesanti” che invece forniscono tutto incluso secondo schemi predefiniti.

Dal punto di vista della sintassi di base, Flask privilegia la semplicità. Una piccola applicazione Flask può stare in un singolo file Python. Ad esempio, ecco come apparirebbe una “Hello, World!” minimale in Flask:
from flask import Flask
app = Flask(__name__) # Crea l'app Flask
@app.route("/") # Definisce una route per la homepage
def hello():
return "Ciao, Flask!"
In questo esempio, si importa la classe Flask
e si istanzia un oggetto applicazione. Il decoratore @app.route("/")
associa la funzione hello()
all’URL radice: quando un client richiede "/"
, Flask invoca quella funzione e ne utilizza il valore di ritorno come risposta. Per default il ritorno può essere una stringa (anche contenente HTML) che Flask invierà al browser (Flask Documentation (3.1.x)). Questa sintassi declarativa con decoratori rende immediata la definizione di rotte HTTP -> funzione Python. Lanciare l’applicazione è semplice: si può eseguire il file (ad esempio python app.py
) oppure utilizzare il comando dedicato flask run
in fase di sviluppo, che avvia un server locale sulla porta 5000 per testare l’app.
Pur essendo minimale, Flask supporta le funzionalità fondamentali per creare un web server: oltre al routing e al rendering di template HTML (tramite Jinja2), include gestione facile dei parametri di query, dei cookie, delle sessioni utente, logging, gestione degli errori, etc. Il tutto è presentato con un’API molto intuitiva e pythonica. Grazie a questa semplicità, Flask è spesso considerato ideale per principianti che abbiano già le basi di Python: con poche righe di codice si può mettere in piedi un sito o servizio web funzionante (What is Flask?). Tuttavia, Flask è anche abbastanza potente da poter crescere con il progetto: partendo da uno script unico, è possibile man mano modulare l’applicazione in più file o blueprint (come vedremo) man mano che l’app diventa più complessa (What is Flask?).
Scenari di utilizzo di Flask
Quando conviene usare Flask? Grazie alla sua natura versatile, Flask trova impiego in diversi scenari tipici:
- Sviluppo di API REST – Flask è spesso utilizzato per sviluppare servizi web RESTful o micro-API JSON. La sua leggerezza lo rende adatto a creare backend di API senza overhead superfluo, ad esempio come backend per applicazioni frontend single-page in React/Angular (DEV Community). È facile definire endpoint REST (GET/POST/PUT/DELETE) e restituire dati in formato JSON usando Flask (es. con
flask.jsonify
), e volendo si possono aggiungere estensioni come Flask-RESTful per facilitare ulteriormente la creazione di API. - Applicazioni web piccole/medie – Si può sviluppare con Flask un sito web completo, soprattutto se di dimensioni contenute o media complessità. Flask supporta pagine HTML renderizzate dal server (via template Jinja2) quindi va bene per creare blog, piccoli e-commerce, dashboard interne, ecc. Non offre un pannello di admin o un ORM di default come Django, per cui in app più complesse sarà lo sviluppatore a integrare le librerie necessarie. In cambio si ottiene totale controllo sull’architettura dell’applicazione.
- Microservizi – In architetture a microservizi, dove l’applicazione è suddivisa in molti servizi indipendenti, Flask è una scelta naturale per implementare i singoli servizi (ad esempio servizi di autenticazione, servizi di reporting, ecc.). La sua leggerezza permette di avere servizi isolati con footprint minimo. Non a caso, la crescente adozione di architetture microservice e serverless ha contribuito alla popolarità di Flask negli ultimi anni (TestDriven.io). Ogni microservizio Flask può essere deployato separatamente (anche in container) e comunicare con gli altri via HTTP/REST.
- Prototipazione rapida – Data la curva di apprendimento bassa e il ridotto boilerplate iniziale, Flask è ottimo per MVP (Minimum Viable Product) e prototipi. Si può abbozzare rapidamente un’idea di applicazione web, testarla, e poi eventualmente estenderla. Molti sviluppatori scelgono Flask per creare demo o proof-of-concept proprio perché consente di passare dal nulla a un’app funzionante in poche ore (DEV Community). In seguito, se il progetto cresce, si potrà valutare di mantenerlo in Flask strutturando meglio il codice, oppure eventualmente migrare verso un framework più “organizzato” se necessario.
Naturalmente Flask viene usato anche in molti altri contesti (ad esempio come semplice interfaccia web per script scientifici o di data analysis in Python, oppure per applicazioni IoT con piccoli server web embedded). In generale, ovunque serva un web server Python essenziale e rapido da implementare, Flask può essere una buona scelta.
Confronto con altri framework web
Flask compete con diversi framework sia all’interno dell’ecosistema Python che in altri linguaggi. Di seguito un breve confronto tra Flask e alcuni framework popolari alternativi:
Flask vs Django (Python)
Django è il principale framework full-stack per Python. A differenza di Flask, Django segue la filosofia “batteries included”, ovvero fornisce moltissimi componenti integrati e una struttura di progetto predefinita e rigida. Django include out-of-the-box un ORM potente per il database, un sistema di template, una interfaccia di amministrazione auto-generata, gestione avanzata degli utenti/autenticazione, protezioni di sicurezza preimpostate e molto altro. Questo lo rende ideale per applicazioni complesse e monolitiche, dove avere tutto pronto velocizza lo sviluppo (What is Flask) (What is Flask?). Flask, al contrario, offre solo gli strumenti base e lascia allo sviluppatore decidere quali componenti aggiungere: se serve un database si userà un’extension (es. Flask-SQLAlchemy), se serve una login si userà Flask-Login o si coderà manualmente, etc. Django impone una certa struttura e convenzioni (ad es. pattern MVC MTV, file di config, app Django modulari), mentre Flask è privo di vincoli architetturali, il che dà più libertà ma richiede anche più disciplina progettuale. In sintesi, Django è spesso preferito per grandi applicazioni enterprise o siti con molte funzionalità standard, Flask invece brilla in progetti più piccoli o mirati, dove la flessibilità e la snellezza sono prioritari (What is Flask?). Va notato che Django ha una comunità e un ecosistema di plugin più vasto, e offre maggiori integrazioni pronte, mentre Flask punta sulla semplicità: un paragone classico dice che Django è “la macchina completa”, Flask “la bicicletta” – entrambe portano a destinazione, ma con esperienze diverse (TestDriven.io).
Flask vs FastAPI (Python)
FastAPI è un framework Python emergente (rilasciato nel 2018) progettato specificamente per creare API web veloci. Come Flask è un micro-framework, ma la sua caratteristica chiave è il supporto asincrono (ASGI) e l’uso intensivo dei type hints di Python per la validazione automatica dei dati e la generazione di documentazione interattiva (OpenAPI). In pratica, FastAPI permette di definire endpoint dichiarando i tipi dei parametri e degli output, e genera automaticamente uno schema e una UI di docs (Swagger) per l’API. Sul piano delle prestazioni, FastAPI è noto per essere estremamente efficiente: sfruttando la programmazione asincrona e server come Uvicorn/Starlette, può gestire throughput elevatissimi, superando sia Flask che Django in molti scenari benchmark (The PyCharm Blog) (The PyCharm Blog). Flask dal canto suo è tradizionalmente sincrono (WSGI) – esiste un supporto ASGI parziale tramite Werkzeug, ma non è nativo – e dunque in applicazioni con molte richieste concorrenti o con I/O intensivo risulterà meno performante di FastAPI. FastAPI inoltre fornisce validazione e serializzazione automatica tramite Pydantic, riducendo il codice boilerplate per controllare i dati in ingresso/uscita, funzionalità che in Flask andrebbero implementate a mano o con librerie aggiuntive. In breve, FastAPI eccelle per creare rapidamente servizi RESTful ad alte prestazioni (es. microservizi, backend per machine learning in real-time, sistemi di messaging) (The PyCharm Blog) (The PyCharm Blog), mentre Flask rimane una scelta più collaudata e generica, ottima per applicazioni web tradizionali o API meno esigenti in termini di throughput. Spesso la scelta dipende anche dalla maturità: FastAPI è più nuovo e in evoluzione, Flask ha oltre un decennio di stabilità e una base di utenti consolidata.
Flask vs Node.js/Express (JavaScript)
Nel mondo JavaScript, l’equivalente di Flask per diffusione e approccio minimale è Express.js (framework per Node.js). Express e Flask condividono l’idea di fornire un minimo indispensabile per costruire un web server, lasciando il resto alle scelte del programmatore. Ci sono però differenze notevoli dovute al linguaggio e all’architettura: Express è asincrono per natura, girando sull’evento loop di Node, il che gli conferisce un vantaggio nella gestione di tantissime connessioni simultanee (ad esempio per applicazioni real-time come chat, streaming, giochi multiplayer, ecc.) (MoldStud). Flask invece, essendo basato su Python e WSGI, gestisce le richieste in modo tipicamente sincrono (per multi-threading o multi-processi); questo modello può risultare meno efficiente di Node in scenari I/O-bound pesanti, anche se per applicazioni web classiche la differenza è spesso trascurabile in termini di tempi di risposta (MoldStud) (MoldStud). Un altro punto di confronto è l’ecosistema: Express si appoggia all’enorme ecosistema NPM di Node.js, offrendo un’infinità di middleware e plugin per qualsiasi necessità (sessioni, autenticazione OAuth, integrazione con template engine, ecc.) (MoldStud). Flask invece, pur avendo molte estensioni disponibili, può contare anche sul vasto ecosistema Python in generale – ad esempio librerie scientifiche, di machine learning, ecc., qualora l’applicazione richieda funzionalità extra che in Node sarebbero complesse. Dal punto di vista della struttura del codice, Express è del tutto unopinionated (non impone uno schema di progetto), similmente a Flask; tuttavia Flask offre una sorta di “impalcatura” naturale grazie alle convenzioni Python (ad es. si tende a dividere le view in blueprint, usare una factory, etc.), mentre in Express l’organizzazione dipende interamente dallo sviluppatore. In sintesi, Express vs Flask spesso si riduce alla scelta JavaScript vs Python: Express è preferito se si vuole usare lo stesso linguaggio del frontend anche nel backend, o se serve gestire altissimi volumi di connessioni in maniera non bloccante, mentre Flask è scelto quando si predilige la semplicità di Python, magari per integrazioni con librerie Python esistenti, o per servizi web dove la logica applicativa (CPU-bound) è più importante della scalabilità I/O.
Flask vs Ruby on Rails (Ruby)
Ruby on Rails (RoR) è un framework full-stack scritto in Ruby, noto per aver reso popolare il motto “Convention over Configuration”. Rails, analogamente a Django, adotta un approccio opposto a Flask: offre una struttura di progetto ben definita e convenzionale, con tantissimi componenti integrati (scaffolding automatico del codice CRUD, ActiveRecord come ORM per il database, sistema di migrazioni, gestione utenti/autenticazione, mailer, e così via). Lo sviluppatore Rails viene guidato da convenzioni predefinite – ad esempio seguendo specifici naming e posizionamento dei file – grazie alle quali il framework “sa” dove trovare modelli, viste, controller, etc., riducendo la configurazione esplicita necessaria. Questo comporta una grande produttività iniziale: un’app standard (es. un classico sito database-driven) può essere avviata in poco tempo con funzionalità già pronte. Di contro, questa impostazione rende Rails abbastanza inflessibile se si esce dal seminato delle sue convenzioni. Flask, viceversa, non impone alcuna convenzione a livello di progetto – è lo sviluppatore a definire come organizzare il codice – e per questo offre maggiore controllo e libertà progettuale (MoldStud). In termini di performance, sia Ruby che Python non sono tipicamente scelti per applicazioni altamente scalabili lato back-end rispetto a Java/Go/Node, ma Rails tende ad essere più “pesante” di Flask in termini di consumo risorse, proprio per tutte le funzionalità caricate di default. In sintesi: Rails è ottimo per sviluppare velocemente applicazioni web complete seguendo le sue best practice (soprattutto in ambiente Ruby), mentre Flask risulta preferibile se si vuole un approccio più minimalista o si lavora già in ecosistemi Python. Spesso la scelta dipende anche dal team: uno sviluppatore Ruby si sentirà a casa con Rails, uno Python probabilmente preferirà Flask (o Django).
Flask vs Spring Boot (Java)
Spring Boot è un framework basato su Java che semplifica la configurazione di applicazioni Spring offrendo “starter” preconfigurati. Nel confronto con Flask la differenza principale è il linguaggio e l’ambito d’uso: Spring Boot è pensato per applicazioni enterprise di larga scala, fornendo un ambiente completo e strutturato per lo sviluppo web in Java. Un’app Spring Boot tipicamente include un server web embedded (Tomcat o Jetty), un robusto sistema di configurazione basato su annotazioni, supporto transazionale, integrazione con vari sistemi enterprise (es. messaging, sicurezza, servizi SOAP, ecc.), gestione avanzata del ciclo di vita dei componenti (tramite IoC/DI), e così via. Tutto questo rende Spring Boot molto più ricco e “pesante” rispetto a Flask, ma adatto a progetti critici che richiedono alta affidabilità e una forte scalabilità orizzontale (con cluster di server Java) (Flask vs Spring Boot) (Flask vs Spring Boot). Flask, essendo leggero, è spesso preferito per progetti più piccoli o medi dove la complessità di Spring sarebbe eccessiva (Flask vs Spring Boot). Dal punto di vista della produttività, Spring Boot applica il principio convention over configuration (simile a Rails) per cui molte configurazioni sono automatiche; ciò però implica una curva di apprendimento più ripida se non si conosce l’ecosistema Java/Spring. Flask invece permette di ottenere risultati rapidi con poche righe di codice Python ed è complessivamente più semplice da padroneggiare. In termini di prestazioni, le applicazioni Spring Boot (in Java compilato) tendono ad essere molto performanti e stabili sotto carico elevato, a fronte però di un maggior consumo di risorse (RAM/CPU) e tempi di avvio più alti, mentre Flask ha un’impronta leggera ma scala tramite processi/thread separati (ad esempio usando Gunicorn) ed è meno adatto a sfruttare appieno architetture multi-core rispetto a una JVM ottimizzata. Riassumendo, Spring Boot è la scelta tipica per applicazioni enterprise Java complesse, Flask si inserisce meglio in contesti Python più snelli o per servizi specifici all’interno di architetture miste.
Flask vs Laravel (PHP)
Laravel è il framework web più popolare in PHP e condivide somiglianze con Rails e Django in termini di filosofia. Laravel adotta infatti un approccio full-stack con struttura MVC, offrendo moltissimi componenti integrati per facilitare lo sviluppo: un ORM chiamato Eloquent per interagire col database in modo intuitivo, un motore di template (Blade), sistemi di caching, queue e scheduling di task, autenticazione e gestione utenti pronti all’uso, validazione form, e altro ancora (Django vs Flask). Il tutto condito da una sintassi elegante e idiomatica che è uno dei motivi del suo successo. Rispetto a Flask, Laravel richiede quindi meno codice manuale per le funzionalità standard, ma tende ad essere molto più strutturato e vincolante. Si potrebbe dire che Laravel rappresenta un equilibrio: fornisce una solida struttura di partenza “chiavi in mano”, ma consente anche personalizzazioni tramite la sua flessibilità (ad esempio puoi sostituire componenti interni, creare provider personalizzati, etc.) – è meno rigido di Django/Rails in alcuni aspetti, pur restando molto più “imponente” di Flask (Django vs Flask). La scelta tra Flask e Laravel spesso dipende dal linguaggio e dall’ambiente: se si opera in ecosistema LAMP/PHP, Laravel è la scelta naturale per rapidità di sviluppo e l’ampio ecosistema (Pacchetti Composer, community attiva, hosting economico); in ambiente Python, Flask offre quella snellezza che Laravel non ha. In termini di performance, con PHP 8+ Laravel può gestire carichi notevoli (specie usando opcache, preloading, ecc.), ma un servizio Flask ben ottimizzato può risultare più leggero in memoria. Va inoltre considerato che Laravel, come Django, include molte protezioni di sicurezza già predisposte (CSRF, sanitizzazione input, etc.), mentre con Flask lo sviluppatore deve esplicitamente aggiungerle. In conclusione, Laravel è ottimo per sviluppare applicazioni web complete in PHP seguendo le sue convenzioni, mentre Flask eccelle quando si vuole sviluppare in Python qualcosa di più modulare e minimale, o magari un microservizio REST che non necessita di tutto l’ecosistema Laravel.
Punti di forza e di debolezza di Flask
Come visto, Flask adotta un approccio diverso dai framework più “grandi”. Ciò comporta vari vantaggi ma anche alcuni svantaggi da valutare in base al progetto.
Vantaggi di Flask
- Semplicità e curva di apprendimento ridotta – Flask è considerato beginner-friendly: con poche nozioni di Python si può iniziare subito a sviluppare. L’architettura minimalista aiuta a capire cosa succede sotto il cofano, senza troppe astrazioni magiche. La documentazione ufficiale è chiara ed estesa, ricca di esempi, e la community di Flask è nota per la sua disponibilità ad aiutare i nuovi arrivati (MoldStud). Tutto questo rende Flask facile da imparare e da usare produttivamente fin da subito.
- Flessibilità e controllo totale – Il principale punto di forza di Flask è la libertà che offre: lo sviluppatore può decidere quali componenti usare e come strutturare l’applicazione. Non ci sono “vie obbligate” imposte dal framework. Questa flessibilità permette di creare applicazioni esattamente su misura delle esigenze, integrando solo ciò che serve e personalizzando ogni aspetto. Ad esempio, si è liberi di scegliere quale database usare e come accedervi, quale sistema di template o di form adottare, ecc. Flask rimane volutamente non opinionated su queste scelte, risultando molto adattabile a scenari diversi (The PyCharm Blog).
- Leggerezza ed efficienza – Essendo un microframework, Flask aggiunge pochissimo overhead: il suo core è snello e questo si traduce in applicazioni generalmente reattive e veloci. In contesti di carico moderato, un’app Flask può risultare più performante di equivalenti app in framework più pesanti, proprio perché fa meno cose implicitamente (MoldStud). Inoltre la leggerezza si apprezza in termini di consumo di risorse: un processo Flask occupa relativamente poca memoria e parte rapidamente (utile ad esempio in ambienti serverless). La sua modularità permette poi di scalare l’app in orizzontale avviando più istanze facilmente quando serve maggiore throughput (The PyCharm Blog).
- Ecosistema estensibile – Pur essendo minimalista di base, Flask gode di un ricco ecosistema di estensioni ufficiali e di terze parti. Ciò significa che all’occorrenza si può potenziare Flask aggiungendo pacchetti che forniscono funzionalità comuni, senza doverle sviluppare da zero. Ad esempio, per il database c’è Flask-SQLAlchemy, per le migrazioni Flask-Migrate, per l’autenticazione Flask-Login, per le API REST Flask-RESTful, e decine di altre (cache, paginazione, email, admin UI, ecc.) (Flask Extensions). Queste estensioni si integrano elegantemente con l’app Flask tramite il meccanismo di
app.extensions
e spesso seguono convenzioni simili, rendendo l’integrazione molto semplice (tipicamente basta inizializzarle con l’app). In pratica, Flask offre il meglio di due mondi: minimalismo all’inizio, ma possibilità di crescita grazie alle estensioni man mano che un progetto diventa più complesso. - Community e documentazione – Anche se la community Flask è più piccola rispetto a quella di Django, è comunque molto attiva e in crescita costante (The PyCharm Blog). Ci sono moltissime risorse disponibili: tutorial, blog, estesi thread su StackOverflow, estensioni open source, ecc. La documentazione ufficiale di Flask è considerata eccellente, coprendo dagli esempi base ai dettagli avanzati, il che aiuta a ridurre la curva di apprendimento (MoldStud) (MoldStud). Inoltre, essendo Flask usato da lungo tempo in produzione (anche da aziende notevoli come Netflix o Reddit), si è creata una solida base di conoscenza e best practice che uno sviluppatore può sfruttare.
Svantaggi di Flask
- “Batteries not included” – Il rovescio della medaglia di un core minimale è che Flask non fornisce funzionalità avanzate out-of-the-box. Tutto, dalle operazioni di database all’auth, deve essere aggiunto. Questo implica che per costruire un’app completa bisogna integrare varie librerie ed estensioni. In un framework come Django o Laravel molto è già pronto, in Flask invece molte cose vanno fatte a mano o con componenti esterni. Ciò può rallentare lo sviluppo di applicazioni di grande portata, perché lo sviluppatore deve occuparsi di assemblare l’ecosistema giusto (scelta dell’ORM, gestione utenti, ecc.) e mantenere queste integrazioni nel tempo. La flessibilità di Flask porta con sé una maggiore responsabilità nel progettare e implementare features che altrove sarebbero preconfezionate.
- Maggior onere progettuale (“decision fatigue”) – Avere molte opzioni e nessuna struttura imposta può portare a indecisione o incoerenza se il team non ha esperienza. In Flask bisogna decidere l’architettura: come suddividere i moduli, come gestire la config, quale ORM usare o magari optare per SQL diretto, quale libreria per le form, ecc. Questa libertà totale può creare fatica da decisione, soprattutto in progetti grandi dove ogni scelta va ponderata. Al contrario, un framework più opinato come Django impone scelte di default che riducono questo onere. In Flask si rischia che sviluppatori diversi strutturino l’app in modi differenti se non si stabiliscono linee guida chiare. Insomma, serve più disciplina per mantenere il progetto organizzato, dato che Flask non offre una struttura forte di per sé.
- Funzionalità da implementare manualmente – Collegato al punto precedente, molti aspetti che altri framework gestiscono automaticamente, in Flask vanno gestiti manualmente. Ad esempio: migrazioni del database (in Django avvengono con un comando, in Flask bisogna usare Alembic/Flask-Migrate), validazione dei form (Flask-WTF può aiutare, ma va integrato), paginazione, upload di file, gestione di ruoli/permessi utenti, ottimizzazione query n+1, internazionalizzazione, ecc. Nulla vieta di fare tutto ciò con Flask, ma richiede tempo e codice aggiuntivo. Per questo Flask è meno indicato per applicazioni “giganti” sviluppate velocemente: potrebbe convenire un framework più completo in quei casi.
- Meno funzionalità di sicurezza integrate – Framework come Django o Rails includono automaticamente protezioni contro CSRF, XSS, SQL injection (tramite ORM), clickjacking, e forniscono sistemi di autenticazione robusti predefiniti. Flask di per sé è molto più scarno sul fronte sicurezza: ad esempio non c’è un sistema utenti out-of-the-box, la protezione CSRF va implementata (tipicamente utilizzando Flask-WTF), la sanitizzazione dell’input dipende da come si usa il template engine o si validano manualmente i dati, ecc. Questo significa che lo sviluppatore Flask deve essere attento e seguire le best practice di sicurezza, aggiungendo le difese necessarie caso per caso. La supervisione manuale della sicurezza lascia più margine di errore se non si ha esperienza.
- Meno adatto a applicazioni real-time/async intensive – Flask, basato su WSGI, gestisce bene le classiche richieste HTTP sincrone, ma se l’applicazione richiede elaborazione asincrona spinta (es. WebSocket per aggiornamenti real-time, streaming continuo di dati) potrebbe non essere la scelta ottimale. Soluzioni esistono (ad esempio usare Flask-SocketIO che sotto il cofano utilizza un server async come eventlet/gevent), ma sono aggiunte extra e non raggiungono la semplicità d’uso di framework nativamente async. In termini di puro throughput, come già detto, Flask scala verticalmente avviando più processi/thread, ma non supporta nativamente la concorrenza asincrona all’interno dello stesso processo. Framework come FastAPI, Node/Express, o anche Spring (con WebFlux) gestiscono meglio scenari con decine di migliaia di connessioni concorrenti grazie all’IO non bloccante. Quindi, se si prevede un carico molto elevato o real-time, bisogna valutare se Flask è adeguato o se adottare accorgimenti (es. usare Gunicorn con più worker, caching aggressiva, ecc.) oppure scegliere un’altra tecnologia più adatta a quell’uso specifico.
- Ecosistema e community leggermente più piccoli – Pur avendo molte estensioni, Flask ha meno plugin integrati rispetto a un Django (che ha l’admin, il sitemap generator, il RSS framework, ecc. già interni). Alcune funzionalità specialistiche potrebbero non avere un’estensione Flask dedicata e richiedere l’uso diretto di librerie Python generiche. Inoltre la community, sebbene molto attiva, è più piccola: questo significa ad esempio meno tutorial specifici o snippet già pronti per Flask rispetto a quanti se ne trovano per Django/Laravel. Non è un vero punto debole intrinseco, ma va tenuto presente se si preferisce avere una soluzione preconfezionata a qualsiasi problema (in Flask a volte tocca costruirla combinando vari pezzi).
In generale, i trade-off di Flask si riassumono così: meno funzionalità automatiche, più flessibilità. Se si dispone delle competenze (o si è disposti a imparare) per gestire direttamente aspetti che altri framework astraggono, Flask consente di creare applicazioni molto pulite e su misura. Viceversa, per team piccoli che vogliono “il minimo sforzo” su cose come autenticazione, admin, permessi, magari un framework full-stack può risultare più conveniente. Flask eccelle quando si sa cosa si vuole costruire e si vuole il pieno controllo su come farlo.
Strutturare un progetto Flask: best practice tecniche
Un progetto Flask può iniziare in modo estremamente semplice (anche solo un file .py
come visto sopra), ma per organizzare codice più complesso è importante adottare alcuni accorgimenti architetturali. I concetti chiave per strutturare bene un’app Flask sono l’uso dei Blueprint, del Factory Pattern, una corretta gestione delle configurazioni e l’utilizzo delle estensioni giuste per evitare di reinventare la ruota.
- Blueprint – I blueprint sono una funzionalità di Flask che permette di suddividere l’applicazione in componenti modulari. In pratica un blueprint è come un “mini-app” riusabile: definisce proprie rotte, viste, template e statici, che poi possono essere registrati sull’app principale (Flask Documentation (3.1.x)). Questo consente, ad esempio, di separare le parti dell’app per funzionalità: si può avere un blueprint per tutto ciò che riguarda l’autenticazione, uno per la sezione di blog, uno per le API, ecc. In un progetto grande, i blueprint migliorano la manutenibilità perché ciascun modulo è isolato. Inoltre possono essere riutilizzati su più applicazioni o montati più volte con prefissi diversi. In sintesi, usare i blueprint è fortemente consigliato appena un’app Flask inizia a crescere oltre a poche rotte (DigitalOcean). Organizzando il codice in blueprint (tipicamente come sottopackage o blueprint definiti in moduli separati), sarà più facile far collaborare più sviluppatori senza pestarsi i piedi e mantenere il codice ordinato secondo le responsabilità delle varie componenti.
- Application Factory – Invece di creare l’oggetto
Flask
dell’app al livello globale del modulo, una best practice è definire una factory function (ad esempiocreate_app
) che istanzia e configura l’applicazione e poi la restituisce. Questo pattern (detto Application Factory) è utile per vari motivi: consente di creare più istanze dell’app con configurazioni diverse (ad es. per testing vs produzione), ritarda la creazione dell’app permettendo di caricare configurazioni da file/ambiente prima di inizializzarla, ed evita problemi di circular import in progetti con molti moduli. In Flask questo pattern è supportato nativamente: ad esempio, le estensioni come Flask-SQLAlchemy possono essere inizializzate condb.init_app(app)
dentro la factory. Un tipico progetto quindi avrà unapp/__init__.py
con la factorycreate_app(config_name)
che dentro fa: crea l’app = Flask(...)
, caricaapp.config
appropriato, registra i blueprint (app.register_blueprint(...)
), inizializza eventuali estensioni (db, login manager, ecc.), e infine ritornaapp
. Così, lo script di esecuzione (o il WSGI) può chiamarecreate_app()
per ottenere l’app già pronta. Flask riconosce automaticamente app factory se usi la variabile d’ambienteFLASK_APP="app:create_app()"
. In definitiva, strutturare il codice come factory + blueprint rende il progetto scalabile e testabile: scalabile perché nuovi blueprint possono essere aggiunti facilmente, testabile perché per ogni test si può creare un’app in isolamento con configurazione ad hoc. - Gestione delle configurazioni – Anche con Flask conviene separare le impostazioni di config (es.: chiavi segrete, URL del database, opzioni di debug, etc.) dal codice, così da poter avere configurazioni diverse per sviluppo, test e produzione. Una pratica comune è usare un file
config.py
con differenti classi/configurazioni: ad esempioDevelopmentConfig
,ProductionConfig
, etc., e caricare quella appropriata nella factory (app.config.from_object(...)
) in base a una variabile d’ambiente. In alternativa o aggiunta, si possono usare file .env o variabili d’ambiente per parametri segreti (come credenziali). Flask facilita questo: ad esempioFlask.config
è un semplice dizionario dove inserire valori, e conpython-dotenv
può caricare automaticamente un file.flaskenv
. L’importante è non hardcodare valori sensibili nel codice. Un approccio strutturato è mostrato sotto: si definisce una classe base Config e classi derivate per ambiente (Medium), poi si seleziona quella voluta. Separare le config rende più sicuro il deployment (si evita di caricare in produzione impostazioni di debug) e facilita la manutenzione (tutte le config in un posto). - Estensioni utili – Come accennato, Flask ha un ecosistema ricco di estensioni che aggiungono funzionalità. Saper individuare e utilizzare le giuste estensioni è parte integrante della strutturazione di un progetto Flask professionale. Alcune delle più utilizzate e utili includono:
– Flask-SQLAlchemy – un’extension che integra SQLAlchemy (il famoso ORM) con Flask, semplificando la gestione della sessione DB e fornendo un pattern Model convenzionale (Flask Extensions). Consigliata se l’app prevede un database relazionale.
– Flask-Migrate – estensione per gestire le migrazioni del database (schema changes) in maniera semplice, integrando Alembic. Si utilizza insieme a Flask-SQLAlchemy per generare versionamenti dello schema e applicarli (upgrade/downgrade) con comandi flask. Indispensabile per evolvere il DB in progetti in produzione.
– Flask-Login – fornisce un sistema leggero per gestire autenticazione e sessioni utente (Flask Extensions). Consente di effettuare login/logout, proteggere route che richiedono login con un decoratore, gestire utenti ricordati, ecc. Molto utile per non dover scrivere da zero la gestione delle sessioni.
– Flask-WTF – integra la libreria WTForms per gestire in modo facile i form HTML e la loro validazione. Fornisce protezione CSRF automatica, classi Python per rappresentare form e campi, validatori comuni già pronti (email, lunghezza, ecc.).
– Flask-RESTful – aggiunge classi e decoratori per costruire API REST rapidamente (Flask Extensions), organizzando le risorse e le richieste/risposte in modo strutturato. Utile se l’app espone molte API.
– (…altre) – Flask-Admin (per interfacce amministrative generiche), Flask-Mail (invio email), Flask-Caching (cache), Flask-Celery (integrazione con Celery per task in background), etc. In generale, prima di implementare qualcosa manualmente in Flask, conviene cercare se esiste un’estensione dedicata. Integrarle segue di solito lo schema: installa il pacchetto, crea un’istanza (es.db = SQLAlchemy()
), nella factory faidb.init_app(app)
.
Adottando blueprint, factory pattern, separazione delle config e le estensioni adeguate, un progetto Flask può crescere in maniera ordinata e mantenibile. Già la struttura delle cartelle riflette queste scelte architetturali. Ad esempio, una possibile organizzazione di un progetto Flask ben strutturato è la seguente:
my_flask_app/
├── app/ # package dell'applicazione
│ ├── __init__.py # contiene create_app e inizializzazione estensioni
│ ├── routes.py # definizione delle rotte (se piccola app)
│ ├── models.py # modelli del database (se si usa un ORM)
│ ├── forms.py # definizione dei form (se si usa WTForms)
│ ├── templates/ # directory dei template Jinja2
│ │ └── home.html # (esempio di file di template)
│ └── static/ # directory dei file statici (CSS, JS, immagini)
├── config.py # configurazioni (es. classi Config, DevelopmentConfig, ...)
├── app.py # script di avvio (crea app dalla factory e la lancia)
├── requirements.txt # requisiti Python (pacchetti da installare)
└── venv/ # (ambiente virtuale Python, facoltativo)
Nella struttura sopra, la directory app/
è un package Python che contiene tutto il codice applicativo. In app/__init__.py
si potrebbe definire la create_app()
e registrare eventuali blueprint (se l’app è piccola, routes.py
potrebbe contenere tutte le view; se l’app cresce, si creerebbero sottopackage per blueprint, ad es. app/auth/routes.py
, app/auth/templates/...
etc.). Il file models.py
ospita le classi di modello (es. definizioni delle tabelle se si usa Flask-SQLAlchemy), e forms.py
le classi di form WTForms se utilizzati. La cartella templates/
contiene i file HTML Jinja2: spesso si organizzano in sottocartelle per blueprint o per sezione (nell’esempio c’è solo home.html
). Analogamente, static/
contiene file statici (CSS, JS, immagini) serviti direttamente dal web server – Flask li serve automaticamente da questa directory.
Al di fuori del package applicativo, abbiamo config.py
che definisce le configurazioni (come visto, può avere classi per Development/Production con relative variabili). app.py
è il file principale da eseguire: ad esempio potrebbe contenere:
from app import create_app
app = create_app('DevelopmentConfig')
in modo da ottenere l’istanza dell’app ed eventualmente mandarla in esecuzione con app.run()
(anche se in sviluppo di solito si usa flask run
). In ambiente di produzione, app
verrebbe importato dal server WSGI (es. gunicorn) come entry-point.
Infine, requirements.txt
elenca i pacchetti necessari (Flask stesso, e le estensioni utilizzate, ecc.), così da poter replicare l’ambiente facilmente. L’uso di un virtual environment (venv/
) dedicato è fondamentale per isolare le dipendenze del progetto.
Vale la pena menzionare anche la presenza eventuale di una cartella tests/
parallela a app/
per includere i test automatizzati (un progetto ben organizzato dovrebbe averla, seguendo i principi di TDD/BDD). In Flask, grazie al factory pattern, è facile scrivere test creando un’app in modalità testing e verificando le rotte.
In conclusione, una buona struttura Flask prende ispirazione dal mondo Django in termini di ordine, pur mantenendo la libertà di adattarsi. Suddividere il codice in moduli e blueprint, centralizzare la configurazione e sfruttare le estensioni sono pratiche che aiutano a scalare un progetto Flask senza perderne la maneggevolezza. Con queste basi, Flask può supportare non solo piccoli script ma anche applicazioni di dimensioni medio-grandi scritte in modo pulito e mantenibile nel tempo. (DigitalOcean) (Flask Documentation (3.1.x))
Conoscenze propedeutiche: per sfruttare Flask al meglio, è consigliabile avere familiarità con alcuni concetti di base. Sicuramente servono solide basi di Python (sintassi, concetti di modulo, import, funzioni, classi) e nozioni di HTTP (metodi GET/POST, codici di stato, concetto di richiesta/risposta). È utile conoscere l’HTML/CSS e il funzionamento dei template (Jinja2) per poter creare le pagine dinamiche lato server. Se si svilupperanno API REST, bisogna comprendere i principi di progettazione REST (endpoint, risorse, formati JSON, autenticazione via token, ecc.). Inoltre, se l’app interagisce con un database relazionale, occorre conoscere i fondamenti di SQL e magari come funziona un ORM. Familiarità con il pattern MVC e con la struttura di una app web aiuta a inquadrare meglio dove inserire i vari pezzi (ad es. sapere cos’è un routing, una view, un modello di dati). Infine, competenze su come deployare un’app web (utilizzo di un server WSGI come Gunicorn, configurazione di proxy server come Nginx, gestione di virtualenv e pip) saranno necessarie quando porterete la vostra applicazione Flask in produzione. Flask è ottimo per imparare, ma per usarlo in modo efficace bisogna avere un minimo di contesto sul web development generale – routing HTTP, templating, database, sicurezza – in modo da supplire con cognizione a ciò che il framework non fa automaticamente.